Il magistero sulla pace: Lo stato sovrano e la guerra giusta (Parte 5 di “La PACE nella SACRA SCRITTURA e nel MAGISTERO della CHIESA”)

5. Il magistero sulla pace: Lo stato sovrano e la guerra giusta

Essere operatori di pace implica inevitabilmente un impegno nella realtà sociale: far sì che si evolva nella direzione della solidarietà severamente Imposta dall’intera enciclica “Sollicitudo”.

Perciò non si opera seriamente per la pace se non si individuano le strutture in cui oggi la pace è sistematicamente tradita per modificarle.
Le strutture che ovunque generano oppressione si trovano nell’ambito politico – militare, economico e nella comunicazione di massa.

Attualmente l’intera famiglia umana è divisa in stati cosiddetti sovrani mai sottoposti ad altra autorità, soprattutto nel loro compito essenziale che è il perseguimento del bene comune dei propri membri.
Se questo viene a scontrarsi col bene comune di altri stati, non si può che scendere a patti: non c’è infatti alcun giudice “sopra le parti”.
Ora proprio questa concezione dello stato sovrano è il rovescio preciso della concezione dell’umanità come “famiglia umana”: l’umanità infatti è vista con una somma di stati ciascuno dei quali ha il diritto di fare solo il proprio interesse.
Non esistono ancora strumenti di una corresponsabilità a livello planetario.

Invece il vangelo, e perciò la predicazione la catechesi, devono sempre ricordare che la famiglia umana è creata è voluta da Dio, mentre gli stati sovrani sono una creazione di uomini perlopiù “prepotenti”, nata pochi secoli fa in Occidente e imposta ad altre culture soprattutto con il colonialismo.
Gli stati africani o medio orientali tracciati col righello sulla carta geografica!
Però oggi, è vero, l’idea di sovranità è importante se significasse, anche per i più deboli, indipendenza dal dominio altrui e salvaguardia dell’identità culturale.
Ciò non comporta però indipendenza dai bisogni e dalla cooperazione della famiglia umana per una pacifica convivenza.
L’amor di patria è certo un dovere, però non è sacro, cioè supremo, bensì subordinato alla responsabilità verso ogni uomo e l’intera famiglia umana, proprio perché la patria è una comunità che fa parte della più ampia comunità degli uomini sulla terra.

Sta il fatto che la divisione rigida della famiglia umana e dei territori del pianeta in stati sovrani è una struttura che oggi si oppone alla “concezione vera e nobilissima della pace”.

La dottrina della guerra giusta è una teoria elaborata al tempo di Sant’Agostino, ma la nascita e il diffondersi ovunque dello stato sovrano ha condotto a una concezione nuova di questa dottrina antica.
Tale dottrina purtroppo è ancora dominante è recepita da molti cristiani, anche se è stata messa in crisi dal magistero della chiesa fin dalla seconda guerra mondiale.

La dottrina della guerra giusta

Se ogni stato è sovrano eventuali collisioni fra interessi pur legittimi di stati diversi non possono che avere soluzioni pattizie, liberamente accettate dalla volontà delle legittime autorità.
Solo così la sovranità e salva.

Quando però la via pattizia non dà risultati, il perseguimento del bene comune, diritto – dovere primario dell’autorità politica, darà a questa titolo giuridico – morale a risolvere la controversia con la forza, cioè con la guerra, legittima come “ultima ratio”: di qui la tesi fondamentale che “la guerra non è di per sé intrinsecamente cattiva e illecita”.
Resta da vedere allora quali siano le condizioni requisite perché la guerra sia moralmente accettabile.

Gli autori di morale cattolica erano tutti concordi nel dire che per una guerra moralmente lecita, è necessario che sia dichiarata dalla legittima autorità, per una giusta causa e condotta nei modi legittimi.

La clausola della “legittima autorità” è coerente con la dottrina dello stato sovrano, ed è importante per evitare guerre iniziate da privati per interessi privati.

La clausola del modo legittimo comporta due limiti provenienti dal diritto naturale e internazionale: questi escludono atti di strage e violenze ingiustificate.
Bisogna rilevare che “il modo debito” va commisurato sullo scopo della guerra che è sempre quello di sconfiggere, mettere in ginocchio il nemico.
Allora il modo sarà legittimo se utile per ridurre all’impotenza globale.
Di fatto nessun governo è stato condannato da alcuna chiesa per il modo di condurre una guerra, né i cristiani – tolto rari casi – si sono rifiutati di obbedire a ordini di mettere in atto modi indebiti di fare guerra.

La clausola della giusta causa: gli autori cattolici ne enumerano tre:

  • la difesa e tutela dei diritti di uno Stato: economici, di onore, di passaggio, di sfruttamento di risorse.
    in questo tipo di causa giusta puoi far rientrare praticamente tutto (anche la conquista dell’Etiopia!)
  • la funzione di polizia internazionale.
  • La legittima difesa di uno stato dall’ aggressione fisica da parte di un altro stato.
    Questa è la guerra per legittima difesa ed è solo un caso di guerra per giusta causa, raramente verificatosi.
    Dall’unità d’Italia nessuna guerra nostrana è mai avvenuta per legittima difesa.
    NB. La triste realtà è che la giusta causa ha significato qualsiasi causa!
    I governanti hanno una visione più ampia del bene comune dello stato, loro sanno cosa esso richiede: perciò il papà, i vescovi, i parroci, i singoli cittadini si rimettono fiduciosi al giudizio dell’autorità.
    “Non è del soldato giudicare la giustezza della guerra”.

La dichiarazione di guerra costituisce giuridicamente uno stato in stato nemico che in nome del bene comune deve essere globalmente sconfitto.

In questa concezione vi è una radicale immoralità che, vescovi e teologi nel passato forse non potevano vedere all’interno della visione incontestata (= “naturale”)  che concepiva la famiglia umana come somma di stati sovrani.
Ecco come le strutture e i modelli culturali condizionavano la comprensione della realtà e le scelte comportamentali.