
Le armi convenzionali possono avere, almeno in teoria, usi di legittima difesa.
Ma le armi scientifiche A.B.C. si differenziano dalle altre per il loro potenziale di strage, e di strage indiscriminata.
In teoria, le prime mirano a un bersaglio militare che si vuole colpire.
Se altre persone vengono uccise, ciò avviene per errore non voluto o perché si sono trovati per caso presso il bersaglio.
In pratica però ogni bombardamento a tappeto mira a distruzione indiscriminata.
Ma la teoria può reggere, mentre con le armi atomiche non regge più: non colpiscono solo il bersaglio!
Con certezza sterminano ogni forma di vita entro raggi precisi: un chilometro per l’onda d’urto, alcuni chilometri per l’onda di calore, centinaia di chilometri per la ricaduta radioattiva, anche per decenni a venire.
La catastrofe di Chernobyl!
La “Gaudium et Spes” (n. 81) non pronuncia una condanna assoluta per il possesso di armi di strage, come fa invece per l’uso; infatti potrebbero avere la funzione di deterrente per il nemico, che si guarda bene dall’attaccare, per timore di una risposta che comporterebbe grandi distruzioni.
Ma la deterrenza si è trasformata presto in idea di equilibrio tra forze militari nemiche: solo così si è al riparo dalla guerra perché nessuna delle due parti potrebbe sperare di vincere.
In realtà, ciò che determina la corsa agli armamenti, che ora, nell’euforia post bellica, sta per avere una recrudescenza, non è né la deterrenza, né l’equilibrio: è la ricerca di supremazia (cfr. Giovanni Paolo II 11.6.82).
Un detto molto diffuso negli USA suona: pace per mezzo della forza.
Ben a ragione la “Gaudium et Spes” (n. 81) metteva in guardia contro la pace ottenuta con la forza militare e si dichiarava dubbiosa sulla dottrina della deterrenza.
Nella ripresa della guerra fredda degli anni ‘80, la legittimità del possesso di armi di uso illecito fu sostenuta nella gerarchia cattolica, insieme però ad alcune rigide condizioni che non si avverano mai: lo scopo unico deve essere la ricerca del disarmo e il mezzo deve dimostrarsi efficace in tempi brevi.
Tuttavia, ragionando così, ci si muove ancora nella visione dell’umanità divisa in blocchi, in stati, mentre al riguardo si deve cambiare mentalità di fondo: c’è un unico bene comune universale, per un’unica famiglia umana, alla cui sopravvivenza e convivenza occorre anzitutto guardare.
Se i milioni di cattolici in tutti i paesi fossero stati mobilitati in questo annuncio quale preciso dovere morale, come giustamente si fa contro l’aborto, e se le migliaia di cattolici credenti, che sono al governo nei vari stati, si fossero sentiti vincolati e sostenuti in questo impegno, la cosa non sarebbe certo utopistica.
Inoltre, contro un preciso dettato conciliare, si dimentica che deterrenza, equilibrio, corsa agli armamenti creano già decine di milioni di morti di fame ogni anno e impediscono seri programmi per lo sviluppo.
Il Papa (Giovanni Paolo II) a Pasqua ha denunciato queste e altre gravi tragedie, alimentate dal “lucroso commercio delle armi” da parte dell’Occidente.
Ha parlato di “tenebre che hanno oscurato di recente la comunità degli uomini, quando si è scelta l’aggressione e la violazione del diritto internazionale e quando si è preteso risolvere le tensioni fra i popoli con la guerra seminatrice di morte”.
Nel Golfo la pace è stata messa in ginocchio con il ricorso alle armi e alla distruzione, mentre alla fine i problemi sono rimasti irrisolti.
Si è combattuto da parte del ricco Occidente ma “non tutto è stato fatto per fronteggiare l’inesorabile carestia in Africa o per arrestare in quello stesso continente guerre e guerriglie che stremano popoli già in precarie condizioni”.
Ha concluso, quasi gridando un appello a tutti gli uomini di buona volontà, a impedire con vigore lo sfruttamento dei poveri, a dire di no al commercio lucroso delle armi da sostituire con progetti di autentica solidarietà, nel totale rispetto per l’uomo, esortando i responsabili dei popoli a dar vita a un ordine internazionale “in cui diritto e libertà siano beni indivisibili”.
Occorre continuare seriamente fra i due blocchi un disarmo bilaterale, una cooperazione contro la miseria nel mondo, uno studio comune per la riconversione dell’industria degli armamenti.