Il magistero sulla pace: La condanna di ogni strage o distruzione (Parte 7 di “La PACE nella SACRA SCRITTURA e nel MAGISTERO della CHIESA”)

L’inizio di questa nuova riflessione sugli aspetti concreti del problema guerra – pace è assai deciso su questi punti ben chiari al n. 80 della “Gaudium et Spes”: la riconduzione esplicita del fenomeno guerra alle condizioni della pura legittima difesa, la condanna, l’unica esplicita condanna giudiziale di tutto il Concilio, di ogni azione bellica di strage o distruzione indiscriminata.
Tutte le armi non convenzionali sono considerate dal Concilio capaci di produrre distruzioni ingenti e indiscriminate e pertanto “oltrepassano di gran lunga i limiti della legittima difesa”.

Ovviamente per il Concilio sono pensabili azioni belliche che rientrano in tali limiti, ma non è mai detto che vi rientri la guerra: la distinzione precisa fra “guerra” e “azioni belliche” ha certo lo scopo di non estendere la legittimità alla guerra come tale, ma solo ad azioni di legittima difesa armata.

Ora la capacità intrinseca e incontrollabile di distruzione e di strage di queste armi è sempre sproporzionata rispetto a qualunque legittimo interesse di uno stato, anche della sua difesa.
Si tratta della tesi già formulata da Pio XII. 

Ma strage immensa e indiscriminata, distruzione di intere città o regioni sono attuabili anche con armi convenzionali.
Finita la guerra del Golfo si è saputo che solo il 7% delle armi usate erano “intelligenti”, cioè capaci di colpire gli obiettivi voluti, per non parlare dell’uso di bombe che facendo il vuoto di ossigeno hanno provocato decine di migliaia di soldati morti durante la ritirata precipitosa.
La condanna vera e propria del Concilio si estende a ogni azione bellica mirante a tale tipo di distruzione.

Su tutto questo il Concilio pronuncia una vera e propria sentenza giudiziale.
C’è una premessa: “Tutte queste cose ci costringono esaminare la guerra con mentalità completamente nuova “.
Cioè occorre un altro modo di ragionare, la dottrina sulla guerra giusta non è più sostenibile.

La conclusione di questo processo è una dura condanna con i termini classici di ogni sentenza ecclesiastica emanata da un’autorità, il Concilio ecumenico, che si denomina nella forma più solenne.
Ecco dunque il dispositivo della sentenza di irrevocabile condanna: “Avendo ben considerato tutte queste cose, questo sacrosanto Concilio, dichiara: “Ogni azione bellica che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di ampie regioni e dei loro abitanti, è un crimine contro Dio e l’umanità stessa che con fermezza e senza esitazione deve essere condannato”.

La condanna è chiara e precisa: ai nostri giorni esiste un vincolo morale assoluto.
“Tutto ciò (che è successo sul finire della seconda guerra mondiale) non deve più accadere”.
È una normativa etica invalicabile sotto non importa quale situazione concreta.

 Ne segue così un grave dovere positivo di cambiare strutture e modelli culturali che implica:

  • il dovere di ogni stato di interrompere e di invertire la corsa agli armamenti, che da un lato produce rischi crescenti di guerra e di distruzioni così vaste e indiscriminate, dall’altro lato produce dissipazione di risorse necessarie alla sopravvivenza dei poveri sulla terra (n. 82);
  • il dovere di ogni stato di rinunciare all’idea tradizionale di sovranità in favore di una vera autorità mondiale (n. 82);
  • il dovere di educare i popoli alla nuova concezione della pace e della corresponsabilità universale.
    Da essi si dice che “estendano la loro mente e il loro cuore al di là dei confini della loro nazione, depongano ogni egoismo nazionale e ogni ambizione di supremazia sulle altre nazioni e nutrano invece un profondo rispetto verso tutta l’umanità” (n. 82); 
  • il dovere urgente supremo di “cambiare il proprio cuore”, di rinnovare la mentalità e di creare nuovi orientamenti nella pubblica opinione: senza pubblica opinione i governanti possono fare ben poco (n. 82);
  • il dovere di distruggere in specie i modelli (“sentimenti di ostilità, di disprezzo, di diffidenza, di odi razziali e ostinate ideologie”) che vanificano ogni sforzo di pace.
    L’etnocentrismo europeo è un modello superato a livello scientifico, ma fortemente operante nella realtà, e dalle altre culture, araba in particolare, è visto come l’oppressore, il nemico.

Non vi è dubbio che per il Concilio, le strutture politico – militari esistenti, come pure quella economica e dei mezzi di comunicazione e i modelli mentali da esse indotti e che le mantengono e la rafforzano, sono visti come strutture di peccato, di dominio sull’uomo (cfr. “Sollicitudo” nn. 36-37).
Tali strutture e modelli sono non – pace.